Il furto di BENETTON Ai danni del popolo MAPUCHE e l’uccisione di SANTIAGO MALDONADO










IL FURTO DELLA MULTINAZIONALE #BENETTON AI DANNI DEL RESISTENTE POPOLO #MAPUCHE.

Nel 1991 l’impresa italiana Benetton acquisisce la compagnia Tierras De Sur Argentino, principale proprietaria di terre nella Patagonia argentina. La Benetton diviene conseguentemente proprietaria di 900 mila ettari di terre. La maggior parte di queste costituiscono il territorio ancestrale degli indigeni Mapuche argentini, che vengono sfollati dalle terre sulle quali hanno da sempre vissuto. Tra gli impatti principali, nella regione si riscontrano notevoli danni ambientali e il saccheggio delle risorse naturali, il generale dislocamento e sfratto delle comunità dalle loro terre natie, un tendenziale aumento dei prezzi e la progressiva privatizzazione dei servizi pubblici, il logoramento dei diritti del lavoro, numerose e ripetute persecuzioni ai danni delle organizzazioni sociali e dei sindacati e, in generale, una serie di abusi e violazioni dei diritti umani. Le comunità indigene Mapuche si mobilitano contro la multinazionale italiana e oppongono resistenza, iniziando il recupero delle loro terre. Alla ricerca di una giustizia ambientale e sociale alternativa, il popolo Mapuche si è inoltre unito alla lotta contro le multinazionali avviata da numerosi popoli indigeni nel Tribunale Permanente dei Popoli (TPP).
Nel 1896 il Presidente argentino Uriburu, dona a 10 cittadini inglesi circa 900.000 ettari di terra, nonostante la legislazione vietasse donazioni tanto estese e la concentrazione di terreno (aree superiore a 400.000 ettari), ad una sola persona o società.
Poco tempo dopo le terre vengono vendute all’Argentinian Southern Land Company Ltd, violando nuovamente il divieto di vendita a fini di lucro delle terre donate.
Nel 1975 un gruppo di investitori compra un pacchetto di azioni della Argentinian Southern Land Company Ltd, il cui nome viene modificato nel 1982, a seguito della nazionalizzazione, in Compañía de Tierras Sur Argentino S.A. (CTSA).
All’inizio degli anni ’90, l’impresa italiana Benetton acquista per 50 milioni di dollari il controllo della CTSA attraverso la holding Edizione Real Estate, diventando la più grande proprietaria terriera del paese con 900 mila ettari di terreno, 884 mila dei quali in Patagonia.
Nelle terre di Benetton vengono allevati 260 mila capi di bestiame, tra pecore e montoni, che producono circa 1 milione 300 mila chili di lana all’anno i quali sono interamente esportati in Europa. Nello stesso terreno sono allevati 16 mila bovini destinati al macello.
L’impresa italiana investe 80 milioni di dollari in diverse attività, tra cui l’installazione di commissariati per il controllo della zona, la realizzazione di una stazione turistica e l’apertura del Museo Leleque. Per la creazione di quest’ultimo un’intera famiglia Mapuche è stata sfrattata, nonostante l’azienda abbia destinato il museo al racconto e alla conservazione secondo della memoria della Patagonia e degli abitanti originari Mapuche.
Benetton riceve sussidi da parte del governo argentino per l’attuazione del suo piano d’investimento che prevede, tra gli altri, anche progetti di riforestazione, soprattutto di pini (circa 400 ettari all’anno).
L’impresa, inoltre, attua una politica sfavorevole e che incentiva il fenomeno della discriminazione lavorativa contro i Mapuche.
I rapporti tra l’azienda e la popolazione locali sono andati via via peggiorando a seguito della crescita del numero degli sfratti e della trasformazione delle terre ancestrali in comune terreno, fonte di lucro per l’impresa.
I Mapuche, oltre a reclamare la restituzione delle loro terre natie, contestano al Governo argentino l’assenza di protezione della Costituzione della Repubblica che prevede il riconoscimento della diversità etnica e culturale, la preesistenza dei popoli indigeni, il loro diritto al possesso dei terreni tradizionalmente occupati, la personalità giuridica della comunità che si identifica come tale nonché la partecipazione diretta alla gestione delle risorse naturali. (fonte web)







E’ ufficiale il corpo ritrovato in un fiume del sud dell’Argentna è effettivamente dell’attivista Santiago Maldonado, primo desaperecido dell’era Macrì. A confermarlo sono stati la famiglia dopo l’autopsia e il giudice Gustavo Lleral. «Abbiamo riconosciuto i suoi tatuaggi, siamo convinti che si tratti di Santiago», ha dichiarato il fratello. Mentre il giudice incaricato del caso ha dichiarato che non sono presenti lesioni ma per comprendere le cause della morte sarà necessario aspettare almeno due settimane.

Santiago Maldonado era desaparecido dal 1 agosto quando la polizia di Macrì ha brutalmente represso una protesta degli indigeni mapuche in Patagonia che lottano contro l’esproprio delle proprie terre operate dal gruppo Benetton. In questo video è illustrata bene tutta la vicenda:




Riproponiamo anche questo ottimo articolo di Sergio Cararo scritto poco dopo la scomparsa:




Una lettera dall’Argentina ci invita a sollevare anche in Italia la vicenda di Santiago Maldonado, un giovane attivista argentino desapararecido da agosto mentre sosteneva la protesta dei Mapuche contro l’espropriazione della loro terra in Patagonia. Abbiamo riferito diverse volte sul nostro giornale delle mobilitazione per “l’apparizione in vita di Santiago Maldonado”, ultima delle quali una enorme manifestazione a Plaza de Mayo a Buenos Aires.




Ma i nostri amici e compagni argentini ci chiedono qualcosa di più. Le terre che i Mapuche stanno difendendo, sono infatti contese ad una grande multinazionale italiana: la Benetton. Questa ha infatti comprato quasi 800.000 ettari di territorio per allevarvi le pecore da cui ricavare lana e tessuti per le sue produzioni. Ma su quelle terre ci sono i Mapuche, che da anni conducono una resistenza durissima e violentemente repressa sia sul versante argentino che su quello cileno.




“Carlo Benetton, fratello minore della famiglia che controlla l’impero tessile italiano, è uno dei milionari del pianeta innamorato della Patagonia argentina. Nel 1991, il gruppo ha acquistato in questo paradiso 900.000 ettari (più spazio di quello della Comunità di Madrid) nella raccolta di circa 100.000 pecore, che hanno prodotto il 10% della lana della ditta. Carlo viaggia quattro volte l’anno per godersi gli amici e controllare la produzione che sarà la base dei suoi vestiti” – scrive in “Battaglia in paradiso” il giornale




“Ma la sua tenuta placida ed enorme ha riscontrato un problema che nessuno sa come affrontare: un gruppo di indiani Mapuche che occupava queste terre fino a quando non sono stati praticamente spazzati via dagli argentini alla fine del XIX secolo, si è installato in un piccola zona con l’intenzione dichiarata di “iniziare la ricostruzione della gente di Mapuche”. “Questo è come se io ora vado a Inverness in Scozia per reclamare la terra dei miei antenati”, si lamenta Ronald McDonald, uno scozzese che è venuto in Patagonia ad allevare pecore, ma che è anche il direttore generale della società Benetton. McDonald viaggia con un veicolo fuoristrada nell’enorme tenuta in un luogo magnifico, con le maestose Ande sullo sfondo. Solo le pecore e il vento patagonico rompono il silenzio”.




I nostri amici argentini ci scrivono per informarci che negli ultimi anni, e soprattutto nello scorso gennaio, ci sono state azioni repressive molto forti da parte della “Gendarmeria Nazionale” ed è provato da testimoni che i gendarmi alloggiano in una palestra dentro quella che viene chiamata la “Repubblica Benetton” (i 900mila ettari di proprietà dell’azienda), dove con un catering vengono rifocillati a spese dell’azienda. Lo stesso sindaco di Maitèn ha ringraziato pubblicamente Benetton perché grazie ad esso ha potuto pagare le tredicesime.




La scomparsa forzosa di Santiago Maldonado, va inquadrata in una escalation che include torture, morti e “sparizioni” contro i Mapuche. In Italia, dopo la “desaparicion” di Santiago Maldonado, alcuni argentini hanno fatto sottoscrivere una lettera a diversi parlamentari italiani e l’hanno consegnato all’ambasciata, con la quale chiedono l’apparizione in vita di Santiago Maldonado.




Insomma questa vicenda ci riguarda da vicino. L’idea degli imprenditori “italiani brava gente”, non regge al confronto con i fatti. Le autorità argentine continuano a coprire la Gendarmeria ritenuta responsabile dell’arresto e della scomparsa di Santiago Maldonado e delle violenze contro i Mapuche. Forse bisogna prendere la mobilitazione da lontano, dalla “tasca”, dagli interessi dei Benetton. Sarebbe opportuno porre ai dirigenti e ai proprietari della Benetton in tutta Italia – ma anche ai loro clienti nei vari centri vendita sparsi nelle città e nei centri commerciali – “Sapere dirci qualcosa di Santiago Maldonado?”


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