Ma il servizio meteo internazionale Timeandate riporta nella zona dei roghi venti dai 4 ai 13 chilometri orari che, stando alle tabelle internazionali, indica vento meno che moderato. Un particolare, quello della spiegazione delle autorità russe, che addensa le nubi del sospetto sulla reale causa degli incendi che si sono verificati nella Federazione da aprile.
Incendi in Russia, cosa succede?
Certo, la Russia è la nazione più grande del mondo con la sua superficie di oltre 17,1 milioni di chilometri quadrati e statisticamente non sarebbe strano se un certo numero di incendi scoppiassero in diversi punti del Paese in un periodo abbastanza limitato. Ma ciò che colpisce è la natura dei luoghi andati in fumo: posti strategici, oltre che simbolici. Siti che inducono a immaginare che si tratti più di obiettivi che di casualità. Inoltre, provocare un incendio a distanza con i sistemi antincendio collegati a un computer per un hacker è un gioco da ragazzi, dicono gli esperti: un pirata della rete ci mette poco a introdursi nel sistema web e a scatenare un corto circuito.
Per esempio nel sistema di riscaldamento, semplicemente alzando oltre i livelli di guardia la temperatura delle caldaie. E del resto anche fonti vicine al Cremlino nei giorni scorsi non hanno escluso questa ipotesi. Ovviamente nessuno si è spinto a dichiarare apertamente che gli incendi potrebbero esser riconducibili alla cyberguerra di Kiev, ma non è sfuggito agli osservatori che ad ogni rogo le immagini siano state mostrate innumerevoli volte dai canali social ucraini.
Le tappe del fuoco sono partite il 21 aprile da Tver, 150 chilometri a nord-ovest di Mosca, le fiamme si sono sviluppate nell'Istituto centrale di ricerca delle forze di difesa aerospaziali della città, considerata la Cape Canaveral russa, che si occupa anche dei sistemi di lancio e difesa missilistica. Altro rogo di ampie dimensioni nel più grande impianto chimico di solventi russo nella città di Kineshma, 400 kilometri dalla capitale. Il primo maggio nuovo incendio nello stabilimento di Perm, negli Urali centrali, dove si produce la polvere da sparo per armamenti compresi i sistemi lanciamissili Grad e Smerch. Il 3 maggio è stato avvolto dalle fiamme un magazzino di 33.800 metri quadrati che, secondo il media di opposizione bielorusso Nexta, sarebbe un deposito della casa editrice pro-Cremlino Prosveshchenie.
Tre giorni fa è stata la volta della zona industriale di Nizhni Novgorod, a est della capitale russa, dove sono bruciati 2 mila metri quadrati di un deposito di solventi. Per ora tutto resta nel campo delle ipotesi. Ma è difficile che davanti agli occhi non passi quell'immagine del giovane al buio con il cappuccio della felpa in testa davanti allo schermo di un computer acceso.
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