Coronavirus, le autopsie non vanno fatte. Ordine del Ministero della Salute

La svolta nella lotta al Coronavirus è arrivata poco tempo fa, quando qualche medico ospedaliero fuori dal coro si è preso la briga di fare le autopsie sui cadaveri dei pazienti deceduti durante la pandemia.
Grazie a queste autopsie si è potuto così scoprire che il primo effetto del Covid 19 è la CIDCoagulazione Intravascolare Disseminata. Cioè la formazione di grumi nel sangue e di trombosi. Solo in seguito e nei casi resistenti alle cure antitrombosi arrivava la polmonite interstiziale doppia.

Abbiamo così capito che i trattamenti fin li seguiti negli ospedali, basati sulla ventilazione meccanica nelle terapie intensive , erano controindicati. Si può dunque dedurre - ma mancano i dati e forse mancheranno sempre - che fino alla scoperta rivelatrice fatta dopo l’effettuazione di alcune autopsiele complicanze da Covid sono state in qualche misura prodotte da errate diagnosi e, conseguente, inadeguata terapia.


Bastava dunque fare da subito l’autopsia ai primi deceduti da Covid per evitare percorsi e rimedi sbagliati e controproducenti. Oggi fortunatamente, grazie alla svolta nelle conoscenze mediche, non si parla più di rianimazioni e ventilazioni che peggioravano il quadro clinico. Un disastro. Oggi, grazie alle scoperte scaturite dalle autopsie, al primo sintomo si interviene sui pazienti contagiati anzitutto con i fluidificanti del sangue.

Cure semplici, effettuabili anche a domicilio. E queste terapie, finalmente idonee, se fatte subito ora consentono di evitare di arrivare alla mutazione della patologia, che da influenza diventa trombosi. E l’epidemia è così gestibile e sotto controllo, mentre le terapie intensive sono decongestionate e chiudono. Ma le nostre autorità sanitarie hanno seguito la strada della Cina, dove autopsie ne hanno fatte pochissime.
E il bilancio sanitario è stato devastante. Ma perché in Italia non sono state fatte sin dall’inizio le autopsie? Perché i cadaveri venivano immediatamente inviati alle cremazioni privando così gli esperti di elementi conoscitivi fondamentali? Come Affaritaliani.it ha scoperto e può documentare, non si sono fatte le autopsie perché così’ è’ stato disposto e comunicato dall’alto. Addirittura dal Ministero della Salute.
Sanitaria- ufficio 4, del Ministero, firmata dal segretario generale Giuseppe Ruocco e inviata a tutti i destinatari competenti, dalla Protezione civile, all’associazione dei Comuni, dagli ordini dei medici e delle professioni infermieristiche e dei farmacisti alle Regioni.
L’oggetto della circolare è: "Indicazioni emergenziali connesse ad epidemia Covid-19 riguardanti il settore funebre, cimiteriale e di cremazione". È’ un aggiornamento di fine aprile di norme varate dallo stesso ufficio sin dal 22 febbraio e ribadite il 17 e il 29 marzo. Al punto C, intitolato Esami autoptici e riscontri diagnostici,sta scritto al paragrafo 1: ”Per l’intero periodo della fase emergenziale non si dovrebbe procedere all’esecuzione di autopsie o riscontri diagnostici nei casi conclamati Covid 19, sia se deceduti in corso di ricovero presso un reparto ospedaliero sia se deceduti presso il proprio domicilio”.
E al punto 2, con riferimento a un eventuale interesse e intervento della magistratura si prescrive: ”L’autorità giudiziaria potrà valutare, nella propria autonomia, la possibilità di limitare l’accertamento alla sola ispezione esterna del cadavere in tutti i casi in cui l’autopsia non sia strettamente necessaria. Analogamente le Direzioni sanitarie di ciascuna regione daranno indicazioni finalizzate a limitare l’esecuzione dei riscontri diagnostici ai soli casi volti alla diagnosi di causa del decesso, limitando allo stretto necessario quelli da eseguire per motivi di studio e approfondimento”.
Un autogol incredibile, anche se probabilmente suggerito da motivazioni igieniche e di profilassi.

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