Togliere il velo dal cielo!

17/06/2022 - Così come i volti coperti sono diventati di recente la nuova normalità, anche i cieli velati sono diventati rapidamente una nuova realtà a livello globale – e da diversi anni. È ora di togliere i veli.

By Nogeoingegeria – CANALE TELEGRAM https://t.me/NogeoingegneriaNews

OGGI è la Giornata mondiale contro la desertificazione e la siccità, e ancora nessuno parla di una realtà che dovrebbe essere sulla bocca di tutti da almeno 20 anni, da quando i nostri cieli sono cambiati e si sono moltiplicati eventi estremi e anomalie, tra cui alluvioni da un lato e siccità catastrofiche dall’altro.

Ciò che viene praticato da decenni, ossia la modificazione locale del tempo, non è più un argomento mainstream. Ha trovato una certa considerazione fino agli anni Settanta, poi i veli sono scesi anche qui.

Si tratta di geoingegneria su scala minore.

Ebbene, il pubblico non conosce la geoingegneria né su piccola né su grande scala. Ogni tanto salta fuori un’ articolo, di recente sul sito dell’ ENI, e in un contesto accuratamente coltivato: Bisogna salvare il pianeta.

Tuttavia, dei pericoli di certi “strumenti solo studiati” di geoingegneria si parla da qualche tempo. L’articolo che segue è un esempio.

A proposito, la CIA ci pensava già 60 anni fa. E pensava già con una visione di ampio respiro su come cambiare il clima del pianeta. Voleva salvarlo?

Modificare il clima globale attraverso la geoingegneria potrebbe avere effetti collaterali drammatici – tra cui l’aumento della siccità e degli uragani in alcune regioni – se lasciato senza controllo, avverte più di uno studio. Chi dovrebbe controllare? Forse ve lo sa spiegare la Climate Governance Initiative.

Comunque, gli indispensabili Factchecker assicurano che la geoingegneria non esiste, ma che si tratti solo di piani di emergenza.

È vero che ciò che si vede in tutto il mondo è geoingegneria, ma non è intenzionale, spiega la NASA.

Non so cosa abbiano da dire i factcheckers a questo proposito.
Dovrebbe essere esaminata la manipolazione globale, intenzionale o meno, dell’albedo terrestre. Come già detto, spesso sono gli effetti collaterali a provocare catastrofi. Questo aspetto è stato persino trascurato nelle centinaia di detonazioni nucleari nell’atmosfera. Per 70 anni si è parlato solo di Hiroshima e Nagasaki, e sono stati comunque solo i primi esperimenti.


Con queste brevi premesse, vi lascio con questo articolo che parla dei pericoli di “ipotetici interventi” sul clima. In cielo sono impegnati anche oggi a formulare “ipotesi”.







Sul fronte del clima la notizia più sorprendente degli ultimi giorni non riguarda né la siccità che colpisce la Francia né la successione di canicole che hanno sottoposto per diverse settimane decine di milioni di indiani e pachistani a condizioni al limite dell’invivibile.


No, l’attualità climatica più inquietante delle ultime settimane arriva dalla creazione, all’interno del Forum di Parigi sulla pace, della Commissione mondiale per la gestione dei rischi legati al superamento climatico (cioè della soglia di 1,5 gradi di aumento delle temperature). L’avvio dei lavori, il 17 maggio, è passato inosservato, ma questa nuova istituzione merita invece la nostra piena attenzione.

La quindicina di componenti della commissione – ex commissari europei, capi di stato o ministri dei paesi del nord e del sud, diplomatici di alto livello eccetera – si occuperà di problematiche che finora non sono state mai esaminate a questo livello. Stavolta si parla ufficialmente di pensare alle condizioni di impiego delle tecniche di geoingegneria – ovvero i metodi di modifica climatica su larga scala – non solo in merito alla fattibilità, ai benefici e ai rischi ma anche alla loro gestione.

Un tabù cancellato

Il semplice fatto che queste tecniche siano ufficialmente inserite nel dibattito dovrebbe suscitare una profonda inquietudine. Questo significa prima di tutto che sta svanendo la speranza di impedire che il clima terrestre segua una deriva catastrofica. Inoltre la radicalità di alcune soluzioni ipotizzate per garantire l’abitabilità di una Terra surriscaldata evidenzia la gravità della situazione. Alcune proposte somigliano a un incubo distopico inimmaginabile fino a pochi anni fa. Ora queste tecniche sono prese sul serio: non ancora dalla diplomazia della convenzione-quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici ma da un’istituzione che ne è l’anticamera.

“La riduzione considerevole e rapida delle emissioni dev’essere l’obiettivo centrale di qualsiasi politica climatica, ma l’azione collettiva contro il surriscaldamento deve tenere conto di tutte le possibilità per ridurre attivamente i rischi”, si legge nella presentazione della nuova commissione. “Queste opzioni comprendono misure di adattamento considerevolmente ampliate per ridurre la vulnerabilità climatica, l’eliminazione della CO2 dall’atmosfera ed eventualmente la geoingegneria solare per raffreddare il pianeta riducendo la quantità di raggi solari che lo raggiungono”.



Chi terrà le mani sul termostato del pianeta? Alcuni paesi potrebbero decidere di usare unilateralmente questo tipo di tecnologie?


La sola evocazione della geoignegneria solare cancella un tabù. Il principio, proposto nel 2006 dal chimico dell’atmosfera Paul Crutzen, consiste nell’iniettare nell’alta atmosfera particelle destinate a occultare parte della luce solare, facendo in questo modo abbassare il termometro mondiale.

Ma questa diga artificiale avrebbe un prezzo, dall’invio regolare di decine di migliaia di palloni nella stratosfera per bruciare zolfo e disperdere le particelle di solfati al dispiegamento di una gigantesca flotta di aerei da carico destinati a liberare ogni anno milioni di tonnellate di particelle a oltre dieci chilometri di altitudine. Per non parlare dei possibili effetti collaterali: perturbazione dei monsoni, riduzione delle precipitazioni, alterazione delle correnti marine, inquinamento atmosferico aumentato dalla ricaduta dei particolati dall’alta atmosfera e via dicendo. Questo “scudo”, tra l’altro, non avrebbe alcun effetto contro l’acidificazione degli oceani.

Niente più cielo blu

Soprattutto questa scelta ci metterebbe in una situazione pericolosa. Cosa accadrebbe se dopo qualche decennio, per cause come una guerra o una crisi economica, fosse impossibile proseguire le operazioni complesse e costose di iniezione delle particelle nella stratosfera? A quel punto le temperature tornerebbero immediatamente a salire a una velocità vertiginosa, rendendo illusoria qualsiasi possibilità di adattamento. Il sogno demiurgico di controllare il clima porterebbe di fatto l’umanità in una situazione inedita di dipendenza vitale dalle accelerazioni tecnologiche.


La comunità scientifica discute questi temi ormai da una quindicina d’anni. Il parere dominante è che la geoingegneria solare sia da vietare, ma sia comunque giusto continuare a studiarla nel caso in cui un improvviso peggioramento del riscaldamento climatico renda la situazione invivibile.

Nel dicembre del 2008, in occasione del congresso d’autunno della American geophysical union, è stata organizzata una tavola rotonda di ricercatori di scienze climatiche su questo argomento. Gli esperti hanno parlato della scienza climatica in senso stretto, dei risultati dei modelli climatici che simulano l’uso della geoingegneria solare ma anche dei problemi posti dalla gestione di questi sistemi, ovvero quelli di cui si occuperà la nuova commissione. Chi terrà le mani sul termostato del pianeta? Alcuni paesi potrebbero decidere di usare unilateralmente questo tipo di tecnologie? Come sarebbero risarciti quelli che pagherebbero le conseguenze di una tale volontà di controllare il clima planetario?

Al termine della discussione del 2008 il fisico dell’atmosfera Alan Robock (dell’università di Rutgers, nel New Jersey), uno dei migliori specialisti di questo argomento, aveva sottolineato che la geoingegneria cambierebbe anche il colore del cielo, che perderebbe il suo blu profondo diventando biancastro. “Qualcuno dovrebbe spiegarmi come faremo a risarcire i miliardi di esseri umani che sarebbero privati del blu del cielo”, aveva ironizzato Robock. Chi poteva pensare che quella battuta, appena quindici anni dopo, si sarebbe trasformata in un argomento di riflessione per un gruppo di diplomatici ed ex capi di stato?



(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questo articolo è uscito sul quotidiano francese Le Monde.

FONTEhttps://www.internazionale.it/notizie/stephane-foucart/2022/06/07/geoingegneria-riscaldamento-climatico

Nessun commento:

 


Post più popolari

AddToAny