Gas, il piano del governo è consumare meno
Nella giornata di mercoledì l’Italia ha subito una riduzione delle forniture di gas del 15% da Gazprom. Un fatto che ha suonato come un avvertimento, sebbene – da fonti Eni – non sia stato motivato in nessun modo dall’azienda russa. Se le forniture diminuissero in maniera cronica, fino a fermarsi, mancherebbero al nostro sostentamento circa 28-30 miliardi di metri cubi di gas, garantiti finora dalla Russia al nostro Paese. Il governo cerca, come sappiamo, forniture alternative sia in Israele che – precedentemente – in Algeria, ma intanto il piano in via di definizione ha un sapore comico e tragico insieme. Di cosa si tratta? Repubblica ne parla con approccio asettico, quasi come di una strategia dalla raffinata tecnica gestionale, e questo, forse, fa ancora più ridere. Ma il succo di questa presunta strategia, alla fine della fiera, è solo uno: consumare di meno.
Il primo provvedimento esaminato, infatti, riguarda la riduzione strutturale dei consumi di gas. Se le forniture si interrompessero, verrebbero imposte temperature e numeri di ore massime per accenderlo durante la giornata. E non finisce qui: scatterebbero dei limiti orari anche per l’illuminazione pubblica nelle città. Insomma, un bel piano. Ben concentrato sul degrado civile e tecnologico. Soprattutto, una strategia davvero difficile da immaginare e che giustifica gli stipendi versati alla nostra brillante classe dirigente.
Nuove forniture e sfruttamento del carbone
L’unica parte quanto meno sensata del sedicente “piano” riguarda la già nota ricerca di nuove forniture le quali però, per ora, ancora scarseggiano, eccezion fatta per il “piccolo” accordo con l’Algeria e gli arrivi futuri del Gnl, a prezzi che però saranno tutti da definire (e non certo nel senso di una convenienza). Sapore inquietante ha poi l’idea di utilizzare le centrali a carbone: ce ne sono sei ancora presenti in Italia, (tra cui quelle di Brindisi e Venezia), in via di chiusura entro il 2025, ma in caso di blocco del gas potrebbero essere utilizzate per sostituirne circa 5 miliardi di metri cubi. L’idea di tornare a standard di vita decisamente più bassi (meno gas, più carbone) è insomma preponderante. E le riflessioni su quanto questa guerra ci stia danneggiando, ovviamente, si moltiplicano. Perché sulle “strategie” (arduo chiamarle così) di freno ai consumi nell’immediato si potrebbe ribattere: “Quale alternativa abbiamo nel breve periodo?” E lì la risposta sarebbe stata: non farci coinvolgere in un conflitto che non è nei nostri interessi e che, anzi, sta facendo accelerare una recessione in cui ci troviamo già, in forma latente, da decenni. O almeno cercare di focalizzare il problema (che non sarebbe di facile soluzione in ogni caso) sarebbe già un bel passo avanti. Magari chiedendosi: “Perché stiamo facendo tutto questo?”
Stelio Fergola
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