NUBE RADIOATTIVA DI RUTENIO-106 IN EUROPA: “SPRIGIONATA DA UN INCENDIO O DA UN’ESPLOSIONE”

Di Silvia Scaramuzza


Tra la fine di settembre e i primi giorni di ottobre 2017, una nube radioattiva di Rutenio-106 si è sparsa per l’Europa per la prima volta dopo l’incidente di Chernobyl

-Le concentrazioni di Rutenio-106 rilevate nell’aria erano troppe basse per rappresentare un rischio per la salute, ma il problema della loro origine è rimasto aperto negli anni


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-Alcune ipotesi, mai confermate in via ufficiale, sembravano andare nella direzione di un incidente verificatosi in un impianto nucleare situato in Russia

-Una ricerca a firma di 70 ricercatori, tra cui gli esperti dell’ARPA della Lombardia e del Friuli Venezia Giulia, suggerisce l’origine alla base del rilascio di Rutenio-106

– La ricerca suggerisce che il rilascio della sostanza sia avvenuto a causa di un incidente verificatosi in un impianto di ritrattamento nucleare situato negli Urali meridionali, probabilmente nel complesso Mayak

Tra la fine di settembre e i primi giorni di ottobre 2017, una nube radioattiva di Rutenio-106 si è sparsa per l’Europaper la prima volta dopo l’incidente di Chernobyl. La vicenda, per la sua particolarità, ha suscitato l’interesse della comunità scientifica di diversi Paesi d’Europa. Le concentrazioni di Rutenio-106 rilevate nell’aria erano troppo basse per rappresentare un rischio per la salute, ma il problema della loro origine è rimasto aperto nel corso degli anni. Le ipotesi, finora, sembravano andare nella direzione di un incidente verificatosi in un impianto nucleare situato in Russia, mai confermato da parte del Paese. Una ricerca pubblicata di recente a firma di 70 ricercatori, tra cui gli esperti dell’ARPA della Lombardia e del Friuli Venezia Giulia, suggerisce l’origine da cui potrebbe essere scaturita la vicenda.


La cronologia degli eventi


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La segnalazione dell’anomalia è partita dall’Italia. Dal 1988, ogni giorno, l’Arpa della Lombardia effettua un controllo sulla concentrazione di radioattività nell’aria. L’analisi è condotta mediante una pompa ad alto volume, attiva 24 ore al giorno, che preleva il particolato presente in aria. Ogni mattina i tecnici del laboratorio cambiano il filtro d’aria, che poi analizzano entro le 12.00 per capire se nel giorno precedente si è verificata un’anomalia.

Lunedì 2 ottobre, i tecnici hanno rilevato livelli minimi di Rutenio-106.

“Valori così bassi non comportano rischi immediati per la salute, ma vanno monitorati per capire se il fenomeno è destinato a scendere o è l’inizio di un evento più grave”, spiega Rosella Rusconi, Responsabile del Centro Regionale Radioprotezione (CRR) di ARPA Lombardia.

A seguito dell’anomalia riscontrata, l’Arpa Lombardia ha inviato un’informativa al Centro Emergenza Nucleare di Roma, che funge da punto di contatto per l’Italia del sistema internazionale di allerta per le emergenze radiologiche. L’organismo ha segnalato quindi l’anomalia al Centro di coordinamento europeo.

Parallelamente, alle 16:15 del 2 ottobre, il Centro di Arpa ha allertato il “Ring of Five”, una rete informale che collega i laboratori di gran parte dei Paesi europei che effettuano misurazioni della radioattività in aria, consentendo lo scambio di informazioni nel caso di eventi di largo impatto.

“Alle 17:15 – spiega la Responsabile del CRR Rusconi – il laboratorio di Praga ci ha confermato di aver rilevato il Rutenio-106. Alle 19.15 la stessa segnalazione è arrivata da Vienna”.

In Italia il livello di concentrazione era pari a 2.5 mBq/m3, a Praga a 9 e a Vienna a 13. Questo ha permesso di capire entro la sera stessa che la contaminazione si era originata in un Paese ad est sia dell’Austria che della Repubblica Ceca. Il picco di radioattività, costantemente monitorato, è sceso nei giorni successivi alla prima misurazione. Rimaneva un dubbio sulla sua origine.
Le ipotesi confutate


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La ricerca confuta due ipotesi finora formulate. La prima è quella relativa a un possibile incidente nucleare.

“Quando si verifica un evento di questo tipo – spiega l’esperta Rusconi – si spacca il nocciolo del reattore che contiene tante sostanze radioattive. Dalle rilevazioni, però, emergeva la sola presenza del Rutenio-106” in aria.

Secondo i ricercatori risulta improbabile anche la seconda ipotesi, legata alla disintegrazione di un satellite con processo di combustione e conseguente rilascio di Rutenio-106. Per dirla in modo semplice, l’uso del Rutenio-106 come fonte di attivazione del satellite al momento del rientro in atmosfera risulta poco plausibile perché la sostanza ha una vita breve rispetto a quella auspicata per il satellite. Inoltre, le organizzazioni spaziali hanno confermato che nessun satellite risulta essere scomparso durante l’evento in cui è stato rilevato il Rutenio-106.
L’ipotesi suggerita

I dati raccolti nella ricerca fanno ipotizzare che il rilascio della sostanza sia avvenuto a causa di un incidente verificatosi in un impianto di ritrattamento nucleare situato negli Urali meridionali, probabilmente nel complesso Mayak. Nel 1957, un grave incidente nucleare con significativa emissione di Rutenio-106 si era verificato nello stesso sito.

Il percorso della nube di Rutenio-106. Twitter

L’ipotesi, mai confermata da fonti ufficiali russe, sembra farsi avanti per il verificarsi di una circostanza concomitante. All’epoca il Commissariat à l’énergie atomique et aux énergies alternatives e l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) del Gran Sasso lavoravano all’esperimento denominato SOX. Un progetto molto importante, risultato vincitore di 2 ERC (European Research Council) grant, i finanziamenti europei più prestigiosi e ambiti riservati a progetti di ricerca di frontiera altamente innovativi.

Per realizzare l’esperimento, il Commissariat à l’énergie atomique et aux énergies alternatives, partner dell’INFN, aveva firmato con la Mayak Production Association un contratto per la fornitura della sorgente Cerio-144. Secondo la ricerca, il rilascio di Rutenio-106 avrebbe a che fare con un incidente industriale correlato alla produzione di questa sorgente nello stabilimento Mayak. A gennaio 2018, l’esperimento SOX è stato cancellato per l’impossibilità, da parte della Mayak Production Association, di realizzare il generatore basato sul Cerio-144 che avrebbe dovuto costituire il cuore del progetto di ricerca SOX.

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