L’uomo è sempre meno umano, la natura sempre meno naturale e tutto ciò che oggi salveremo sarà destinato alla vita artificiale, ad un futuro arido e sterile. Per questo il nostro pianeta è già morto, perché ha perso la sua essenza, la sua purezza e naturalità.
Cestinate pantomime come Greta Thunberg nell’indifferenziata; cestinate queste inutili liturgie eco-sostenibili e i loro sacerdoti, perché il loro “fate presto” si tradurrà, sempre e comunque, nell’imprigionamento della natura; nella delega a manometterla per “salvaguardarla”, per “salvare il mondo”, per “salvare l’uomo”!
Difendere la vita è, e sarà senz’altro la sfida più ardua di questo secolo. Stiamo attraversando tempi sempre più oscuri e cupi, confusi da un caos materiale e immateriale, che silenzia, quotidianamente, il vero svolgersi della vita: una vita fragile, svestita ogni giorno della sua integrità per colpa della nostra trascuratezza nei confronti di una realtà sottomessa, vilipesa e a tratti soppressa; una realtà che è il mondo naturale, quel mondo che ci circonda in tutte le sue infinite sfumature.
C’è questa guerra, questa coercizione contro l’autentico. Contro l’uomo, la natura e la vita. C’è, ma non riusciamo ancora – per mancanza di coraggio – a chiamarla col suo vero nome. C’è perché questo è il corso (in)naturale delle forze in campo, giunte fin qui. Fino a noi. Nella loro attuale apoteosi, senza la quale questa cultura del mercimonio, il capitalismo, l’inquinamento del pianeta, l’estinzione delle specie e la dissoluzione dell’essere umano, non avrebbero mai potuto avere modo e luogo. O almeno non in questi termini. Non con questa veemenza. Non con questa crudeltà. Con questo livore.
E invece oggi l’uomo è sempre meno umano. La natura sempre meno naturale. La donna sempre meno madre e la madre sempre meno fertile. Nessuna vera tattica escatologica viene praticata per contrastare le dinamiche di imprigionamento del mondo naturale dentro quello artificiale. Nessuna lotta. Nessuna vera battaglia. E tutto scorre, così, nell’indifferenza, nel lungo fiume grigio che travolge la natura, l’umanità, la storia, la vita. E il mondo di prima soccombe al mondo di poi: cioè al mondo dove il futuro sarà futuro, solo se sarà un futuro di sola vita artificiale.
Da tempo l’essenza del mondo e della vita non c’è più. E ora la natura sta per essere rinchiusa definitivamente dentro un involucro poligonale, algoritmico. E tutto ciò che oggi salveremo sarà destinato a vita artificiale. Alla sintesi. Ogni seme, ogni pianta, ogni fiore, ogni frutto e persino le api, oggi, sono già artificio che vince sul reale. Sulla vita naturale. Artificio impiegato a impollinare un futuro già sterile.
E il mondo selvaggio, che esiste e resiste, ci osserva inerme da lontano. Sentinelesi, Ruc, Akulio e altre centinaia di tribù mai contattate, sparse sulla Terra, tra Asia, Oceania, America settentrionale e America meridionale – che certo sono un frammento d’uomo, certo sono residuo, ma residuo inamovibile e puro – sono lì, a umane distanze siderali, che ci osservano ancora, nella nostra aberrante passione verso la distruzione della vita in ogni suo aspetto: ed essa oggi vive braccata nella sua già fragile integrità.
Integrità che viene violata ogni giorno. Integrità che è difficile difendere senza fare esperienza diretta con le ire dei soldati del potere aristocratico, che mettono al pubblico ludibrio chiunque osi tentare o osi percorrere strade in senso contrario. Chiunque lanci segni di vita vera. Vita propria. Chiunque provi ad essere altro dall’altro già predisposto. E per tale ragione qualsiasi ostruzione al futuro precostituito e preconfezionato e qualsiasi digressione e otturazione del flusso artificiale negativo, viene etichettato come un atto “fascista”, bigotto, medievale, primitivo. Cioè primitivo esattamente come uno di una di quelle tribù che loro dicono di amare. Voler preservare. Rispettare.
Siamo tutti ecologisti dunque, ma poi incarniamo l’anti-naturale, l’anti-reale. Perciò di noi e del mondo rimarrà solo una sintesi. Una sintesi che in un futuro prossimo finirà per evaporare nello spazio. E se abbiamo deciso di viaggiare alla velocità della luce, è bene ricordare che la luce non è nient’altro che sintesi. Sintesi del fuoco dei fuochi. Del sole: e forse per questo alla fine bruceremo. Ma allora riusciamo a vedere questa guerra? Questo odio verso la vita?
Esso abita in tutto l’universo transgenico. Abita nella distorsione e nell’annullamento dei sessi. Abita nell’ingegneria genetica, nella manipolazione cellulare e neurale, nella clonazione, nella fecondazione assistita, nei surrogati. E abita nei microchip sottocutanei. Nel cyborg. Abita nell’ethos della società capitalistica, liberale e progressista. Abita nelle polemiche contro la famiglia. E abita nell’illusione indotta, nella voglia e nella creazione della possibilità di potersi “cambiare”. Mutare. Elevare. Abita cioè nella presunzione dell’aristocrazia a volersi proclamare Dio.
Ora nelle piazze del mondo si parla del Pianeta. Ma va detta una cosa chiara a questi giovani: il Pianeta è già morto. Perché sta transumando verso altra entità. Perché ha perso la sua essenza, la sua purezza, insieme alla vita. Cestinate pantomime come Greta Thunberg nell’indifferenziata. Cestinate queste inutili liturgie eco-sostenibili e i loro sacerdoti. Perché la loro soluzione, il loro “fate presto“, si traduce, in ogni caso, sempre e comunque, nell’ulteriore liberazione delle forze artificiali negative. Nell’imprigionamento della natura. Nella delega a manometterla per “salvaguardarla”. Per “salvare il mondo”, per “salvare l’uomo”. Ma salvare tutto questo come? Perché gli stolti dimenticano, gli stolti abboccano: è il capitalismo che inquina il mondo, non è quindi cambiando i suoi “ferri” che lo si salva! Occorre altro modello culturale-antropologico, altro ethos ora impensabile, ora inesistente. Non il Cyborg. Non le macchine.
In questo senso, la quarta rivoluzione industriale farà più danni delle precedenti. Ingannerà il mondo, manipolerà la vita e il suo fragile regno molecolare. Sradicherà ogni radice. Ogni tempo. Ogni storia. Si guardi bene il calendario della scienza: lì è già segnata l’epifania dell’uomo e della vita.
Articolo di Giancarlo Cutrona
Perché l'uomo ha perso il suo obbiettivo primario: la fede in DIO ed il rispetto dei Suoi Comandamenti !
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