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No, c’è un limite al potere del tiranno!
Quando l’uomo oppresso non trova giustizia,
Quando il peso diventa insopportabile, si appella
Con cuore impavido al Cielo,
E di lì fa cadere i suoi diritti eterni,
Che lì dimorano, inalienabilmente suoi,
E indistruttibili come le stesse stelle.
-Friedrich Schiller, Il giuramento di Rutli. Guglielmo Tell
Chi avrebbe mai pensato che in Canada sarebbe scoccata la scintilla per un movimento libertario contro la tirannia?
In qualità di editore da oltre 10 anni di una rivista geopolitica canadese e autore di quattro libri sulla storia canadese, sono un po’ imbarazzato nel dire che certamente non pensavo che i Canadesi potessero arrivare a tanto.
La “monarchia del nord” non è di sicuro qualcosa che trasuda sentimenti rivoluzionari, essendo stata fondata su principi non rivoluzionari come “Pace, ordine e buon governo”, certamente in netto contrasto con il più ispirato “Vita, libertà e ricerca della felicità” racchiuso nei documenti fondativi dei nostri cugini meridionali. Anche la nostra carta fondamentale del 1867 (redatta nel 1864, durante un mese di edonismo alimentato a champagne) richiama esplicitamente lo scopo della confederazione non come mezzo per “sostenere il benessere generale,” come nel caso della costituzione degli Stati Uniti del 1787, ma piuttosto “per promuovere gli interessi dell’Impero Britannico”.
Ma eccoci qui.
Una incalcolabile folla di patrioti ha attraversato il Paese per riversarsi a Ottawa, in pace e con uno spirito festoso, e ho dovuto vederlo con i miei occhi per credere che chiedessero veramente qualcosa di così semplice e non contaminato dall’ideologia: libertà di lavorare, la possibilità di provvedere alle proprie famiglie e il rispetto dei diritti fondamentali stabiliti nella Carta dei diritti e delle libertà (un aggiornamento del 1982 del British North America Act del 1867, oligarchico in modo imbarazzante).
I media mainstream e i mercenari della politica hanno fatto gli straordinari per dipingere il Convoglio della Libertà, confluito a Ottawa il 29 gennaio, come un “movimento insurrezionalista” pieno di “suprematisti bianchi”, “agenti russi” e “nazisti” desiderosi di “rovesciare il governo. Anche l’ex governatore della Banca d’Inghilterra (e fiduciario del World Economic Forum) Mark Carney è intervenuto il 7 febbraio, affermando che “questa è sedizione” e che “coloro che stanno ancora contribuendo ad estendere questa occupazione devono essere identificati e puniti con tutta la forza della legge”. Carney, il perenne pupillo finanziario di Goldman Sachs e della City di Londra (e aspirante Primo Ministro) ha chiesto di prendere di mira tutti coloro che hanno donato denaro a questa operazione di terrorismo interno.
Di fronte ad un movimento organico per i diritti civili portato avanti da camionisti, agricoltori e da decine di migliaia di sostenitori che si sono riuniti nella capitale canadese per chiedere il ripristino delle libertà fondamentali, l’attuale governo liberale non è riuscito a mostrare nemmeno un grammo di umanità o di capacità di negoziare. Questa non dovrebbe essere una sorpresa per coloro che, negli ultimi anni, hanno visto in azione l’ipocrisia degli ideologi neoliberali dell’ordine “basato sulle regole”, che si affrettano a lodare la “libertà” dei cittadini dell’Ucraina, di Hong Kong o dello Xinjiang quando il risultato avvantaggia gli obiettivi geopolitici di intoccabili tecnocrati affamati di egemonia globale. Nel momento in cui sorgono autentici movimenti sindacali auto-organizzati che chiedono il riconoscimento dei diritti fondamentali, allora cadono le maschere e la rabbia dei tiranni mostra il suo vero volto.
Quindi, invece di negoziare e discutere su questioni costituzionali di principio, come richiesto dai manifestanti, abbiamo visto solo minacce, calunnie e ancora minacce, che vanno dal blocco di 10 milioni di dollari raccolti su GoFundMe il 4 febbraio a quello di altri 8 milioni di dollari raccolti su GiveSendGo il 10 febbraio. Abbiamo visto il governo imporre lo stato di emergenza, prima nella città di Ottawa, seguito da uno stato di emergenza in tutta la provincia l’11 febbraio, giustificando il taglio delle forniture vitali di carburante a quei camionisti e alle loro famiglie che erano accampati a temperature di -22 gradi. Sono stati emanati editti che rendono illegale fornire rifornimenti ai manifestanti, con multe fino a 100mila dollari e un anno di carcere, e quei cittadini patriottici che si sono organizzati per difendere il loro diritto a non vivere sotto una dittatura sono stati implacabilmente stigmatizzati dai media come “insorti”.
Invocata Legge sulle Misure di Emergenza
Poi, il 14 febbraio, Justin Trudeau, seguito dalla vice primo ministro e amministratrice fiduciaria del WEF, Chrystia Freeland, si sono alternati, annunciando l’entrata in vigore dell’Emergency Measures Act, a sua volta noto come “The War Measures Act”, applicato l’ultima volta quasi 50 anni fa dal padre di Justin, Pierre Elliot Trudeau, come “soluzione” alle cellule terroristiche dirette dall’RCMP, dispiegate in tutto il Quebec, atto che aveva portato alla “crisi di ottobre” del 1970, durata un mese. Il nome [del provvedimento] era poi stato cambiato nel 1988, anche se lo scopo era rimasto lo stesso.
Ai sensi dell’Emergency Measures Act, lo Stato Profondo del Canada che gestisce Trudeau ha adottato il programma di Mark Carney delineato il 7 febbraio, prendendo di mira i conti bancari di tutti i Canadesi coinvolti direttamente nel convoglio o che lo hanno sostenuto tramite donazioni online o criptovalute. Cosa potrebbero subire quegli individui per il reato di aver offerto sostegno o partecipato alle proteste? Quei “deplorevoli insorti” stanno rischiando di vedere i loro conti bancari congelati a tempo indeterminato e, se possiedono attività, di veder cancellate le loro polizze assicurative. Le maggiori cinque banche del Canada sono state così “incaricate” e hanno ricevuto piena protezione legale dall’essere citate in giudizio da coloro le cui vite verrebbero state danneggiate dalla chiusura dei conti correnti.
Una cosa è emersa finora: le minacce non funzionano con camionisti e con i manifestanti, che hanno rinnovato il loro impegno a rimanere sul posto, e anche quattro governatori di provincia (Alberta, Saskatchewan, Quebec e Manitoba) hanno denunciato le misure di emergenza.
Anche la Canadian Civil Liberties Association ha denunciato a gran voce la legge, affermando che “il governo federale non ha i requisiti necessari per invocare la legge sulle emergenze. Questa legge crea uno standard elevato e chiaro per una buona ragione: la legge consente al governo di aggirare i normali processi democratici… L’Emergencies Act può essere invocato solo quando una situazione “mina seriamente la capacità del governo canadese di preservare la sovranità, la sicurezza e l’integrità territoriale del Canada’ e quando la situazione ‘non può essere efficacemente trattata in base a nessun’altra legge del Canada”.
Crepe nel sistema
A causa dell’inflessibile incapacità in stile Borg di negoziare con un movimento organico per i diritti civili, incapacità di cui soffrono tutte le creature tecnocratiche di Davos, grandi crepe hanno iniziato ad apparire in tutto il sistema politico canadese.
Già due membri del Partito Liberale hanno disertato, rompendo con il sacro sistema canadese che richiede fedeltà assoluta al partito, anche al di sopra della coscienza, chiedendo a Trudeau di abrogare le assai impopolari e inutili misure Covid. L’8 febbraio, il deputato liberale Joel Lightbound ha commentato che le vili generalizzazioni di Trudeau sui manifestanti erano servite solo a “dividere e stigmatizzare” i Canadesi, sottolineando di aver visto un’ampia varietà di partecipanti al convoglio per la libertà, ad Ottawa e in tutte le province. Il giorno dopo, un secondo deputato liberale, Yves Robillard, ha rotto i ranghi del partito, sottolineando nuovamente il suo sostegno alle dichiarazioni di Lightbound, e ha avvertito che molti altri all’interno del partito condividono queste opinioni dissenzienti, e presto parleranno apertamente se i cambiamenti non verranno effettuati.
Il 3 febbraio, nel Partito Conservatore ha avuto luogo una sorta di colpo di stato quando il leader dell’opposizione Erin O’Toole è stato estromesso dal suo stesso gruppo per il suo atteggiamento da spirito maligno del World Economic Forum e, per la prima volta in oltre due anni, nelle sale del parlamento è possibile udire una vera e propria opposizione, con le richieste di vari membri del Partito Conservatore di porre fine ai blocchi e sostenere il movimento di protesta a livello nazionale.
A livello provinciale, Alberta, Saskatchewan, Quebec e PEI hanno annunciato l’abrogazione dei provvedimenti Covid, compresi i passaporti vaccinali, mentre il Quebec ha ritirato il progetto di tassare i no-vax, come prospettava il premier Legault fino ad una settimana fa.
Anche il capo dell’NDP, Jagmeet Singh, che solo pochi giorni fa aveva etichettato tutti i manifestanti come suprematisti bianchi, ha cambiato opinione, forse a causa della schiacciante presenza dei Sikh nei convogli federali e provinciali.
L’incubo dei Freedom Convoy per i tecnocrati statunitensi ed europei
Nel frattempo l’amministrazione Biden ha dato il suo pieno sostegno a Justin Trudeau per usare tutta la forza del potere federale per fermare le proteste (etichettando il blocco del traffico commerciale USA-Canada nel Windsor e nel Manitoba come legato direttamente alle proteste di Ottawa… mentre non lo è).
Forse Biden è preoccupato dal fatto che l’esempio dei convogli possa diffondersi non solo nelle nazioni della Comunità Transatlantica e della gabbia dei Cinque Occhi [I Cinque Occhi – Five Eyes in inglese – è un’alleanza di sorveglianza che comprende Australia, Canada, Nuova Zelanda, Regno Unito e Stati Uniti, n.d.t.], ma anche negli stessi Stati Uniti, dove un simile convoglio per la libertà partirà il 5 marzo dalla California meridionale diretto a Washington DC, coinvolgendo decine di di migliaia di camionisti americani.
L’ex Assistente Segretario della Sicurezza Interna dell’amministrazione Obama, e frequente commentatrice della CNN, Juliette Kayyem, ha espresso il suo inquietante punto di vista su questo incancrenito problema che, [secondo lei] dovrebbe essere risolto a tutti i costi, dicendo: “Fidatevi di me, farò di tutto per colpire: annullare la loro assicurazione; sospendere le loro patenti di guida, vietare qualsiasi futura certificazione normativa per i camionisti ecc. Non abbiamo imparato nulla? Queste cose si complicano quando non ci sono conseguenze.”
Come questo processo si svolgerà nei prossimi giorni e settimane è impossibile saperlo. L’illusione della democrazia liberale, che alimentava la virtù auto-esaltante dei tecnocrati che davano lezioni ai “cattivi” stati autoritari dell’Eurasia su come dovrebbe funzionare la libertà, è crollata.
Una cosa è certa.
I tiranni che vivono isolati in torri d’avorio e che chiedono al mondo di conformarsi alle loro false utopie post-nazionali sono in preda al panico perché non hanno idea di come interagire con esseri umani reali, che si organizzano intorno a principi non lineari, come “libertà”, ” giustizia” e “diritti,” che sono inalienabili per tutti i cittadini, anche se vivono sotto una monarchia.
Matthew Ehret
Fonte: strategic-culture.org
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