ll Ministero della Salute, di concerto con il Ministero dello Sviluppo Economico, ha emanato, il 2 aprile del 2008, un decreto che introduce l’obbligo delle “etichette trasparenti” per i dentifrici.
La normativa pone in evidenza come alcuni prodotti di uso comune possano rivelarsi altamente rischiosi. Nello specifico, il decreto afferma che, per i dentifrici contenenti tra lo 0,1 e lo 0,15 percento di fluoruro, qualora non rechino già sull’etichetta l’indicazione che sono controindicati per i bambini, è d’obbligo la seguente etichettatura “Bambini fino a 6 anni: utilizzare una piccola quantità di dentifricio sotto la supervisione di un adulto per ridurre al minimo l’ingerimento. In caso di assunzione di fluoruro da altre fonti consultare il dentista o il medico.”
Nel caso foste convinti di non assumere il fluoruro, invece, si consiglia di consultare il seguente post.
Nel 1931, il dentista Henry Trendley Dean, prestando servizio in zone isolate in cui l’acqua potabile presenta alte concentrazioni di fluoro naturale, individua, per la prima volta, i danni arrecati dall’acqua sottoposta a fluorizzazione. La conclusione a cui giunge evidenzia come i denti di coloro che bevono acqua con grandi concentrazioni di fluoro, presentino smalto macchiato, perdite di colore e forti problemi di corrosione, insomma, i primi sintomi dell’intossicazione da fluoro, la fluorosi.
Nonostante i dati allarmanti che emergono dalle analisi cui sottopone i suoi pazienti, Henry Trendley Dean si sofferma ad evidenziare come gli abitanti di queste zone sembrino avere anche meno carie, arrivando quindi a teorizzare che un minore livello di fluoro nell’acqua, il cosiddetto “livello ottimale”, avrebbe, forse, giovato alla salute dentale. La sua ricerca, secondo alcuni “teorici del complotto”, deve questa svolta ottimista al fatto che prestasse lavoro presso il Servizio Sanitario Pubblico statunitense che, nel 1931, svolgeva le sue funzioni alle dipendenze del Dipartimento del Tesoro che vedeva, come Segretario, Andrew Mellon, tra i fondatori e principali azionisti della “Aluminium Company of America“(Alcoa).
È, però, solamente nel 1939 che il Biochimico Gerald Judy Cox, dopo aver somministrato fluoro ad alcuni topi da laboratorio, arriva alla conclusione che il fluoro possa diminuire le carie. Secondo Cox non solo “l’ipotesi doveva considerarsi dimostrata […], forse bisognava rivedere la tendenza a rimuovere completamente il fluoruro dall’acqua e dal cibo”; arrivò addirittura a proporre l’idea di aggiungere fluoruro all’acqua, come misura preventiva di sanità pubblica. Il fatto che, all’epoca, il biochimico lavorasse per il “Mellon Institute”, il laboratorio di ricerca della “Alcoa” e che, quindi, il primo parere favorevole alla fluorizzazione dell’acqua venisse proprio da un imbonitore al servizio della prima industria, per l’epoca, per produzione di quantità di fluoro come residuo industriale, passò inosservato.
È durante la seconda guerra mondiale che un’altra “organizzazione” si trova implicata nella promozione della fluorizzazione: il Pentagono. Oltre alla produzione intensificata di alluminio della “Alcoa” per i caccia ed i bombardieri, i militari hanno un altro piano strettamente legato al fluoro, il “Progetto Manhattan“, scoperto nel 1997 dai reporter Joel Griffiths e Chris Bryson che, per il lavoro svolto, hanno ricevuto il “Project Censored Award“ [1].
Il Pentagono, di fronte alla prospettiva di vedersi piovere da ogni parte denunce per intossicazione da fluoruro che avrebbero minacciato di compromettere il programma delle armi nucleari, fece l’unica cosa logica da fare, insabbiare l’intera faccenda.
Molte delle presunte dimostrazioni secondo le quali il fluoruro è innocuo, se somministrato in piccole dosi, provengono, in quegli anni, da scienziati cui è stato segretamente ordinato di fornire “prove utili in vertenze” riguardanti esposizione al fluoruro. Uno degli esempi più eclatanti della manipolazione dei dati è la pubblicazione di uno studio sugli effetti del fluoruro apparsa sul “Journal of the American Dental Association“, datato Agosto 1948; in questo che è considerato uno degli “articoli chiave” nella storia della fluorizzazione dell’acqua, Peter P. Dale e H. B. McCauley, entrambi coinvolti nel “Progetto Manhattan”, evidenziano come gli operai che prestano servizio presso le fabbriche in cui viene prodotto fluoruro destinato alla realizzazione di armi nucleari, hanno meno carie rispetto ai loro colleghi che lavorano in fabbriche che nulla hanno a che fare con il fluoruro.
Lo studio si basa su dati reali, ma ciò che Peter P. Dale e H. B. McCauley omettono di dire è che, la maggior parte degli operai presi in considerazione, non ha più denti, evento che, di per sé, fra crollare drasticamente la possibilità di avere delle carie.
Quello di Peter P. Dale e H. B. McCauley è solamente uno degli scritti utilizzati per promuovere in maniera propagandista la discarica negli acquedotti pubblici di un rifiuto tossico dell’industria nucleare che, secondo Janet Allen, “è combinato con altre sostanze in una miscela acida di scarti industriali comprendenti arsenico, cadmio, piombo, mercurio e uranio in quantità variabili, a seconda delle procedure di estrazione di fosfato effettuate nel corso della giornata. C’è poi tutta una varietà di altre sostanze chimiche risultanti dai vari processi di fabbricazione: carburante diesel, cherosene, cloruri, solfuri, polimeri, antischiumogeni e magari anche cromo esavalente (cromo-6).”
Nel 1947, Oscar Ewing è nominato capo della “Federal Security Agency” (Ente di Sicurezza Federale), a quel tempo responsabile del Servizio Sanitario Pubblico. Ewing, Avvocato della “Alcoa”, società dalla quale riceve un salario di 750.000 dollari annui, decide di promuovere un programma di “fluorizzazione dell’acqua” a livello nazionale [2], coadiuvato da Edward Louis Bernays, da molti considerato come il “padre” della persuasione ed “oggetto di studi” da parte di personaggi come Josef Goebbels, ministro per la propaganda di Adolf Hitler.
Nel suo libro “Propaganda“, del 1928, Edward Louis Bernays affronta, senza tanti giri di parole, quella che il professor C. Wright Mills definisce “élite al potere”, affermando che “Quelli che manipolano il meccanismo nascosto della società costituiscono un Governo invisibile che è il vero potere che controlla. Noi siamo governati, le nostre menti vengono plasmate, i nostri gusti vengono formati, le nostre idee sono quasi totalmente influenzate da uomini di cui non abbiamo mai nemmeno sentito parlare. Questo è il logico risultato del modo in cui la nostra società democratica è organizzata. Un vasto numero di esseri umani deve cooperare in questa maniera se si vuole vivere insieme come società che funziona in modo tranquillo. In quasi tutte le azioni della nostra vita, sia in ambito politico o negli affari o nella nostra condotta sociale o nel nostro pensiero morale, siamo dominati da un relativamente piccolo numero di persone che comprendono i processi mentali e i modelli di comportamento delle masse. Sono loro che tirano i fili che controllano la mente delle persone” [3].
Secondo Noam Chomsky, negli anni Quaranta e Cinquanta, il 90 percento di tutte le sovvenzioni federali destinate alla ricerca, proviene dal Pentagono e dall’“Atomic Energy Commission“ (AEC), per cui, non solo è difficile ottenere un finanziamento per studi riguardanti i pericoli del fluoruro ma si rischiava anche di finire sulla lista nera delle due maggiori fonti di denaro per la ricerca esistenti. Come ha osservato Janet Allen su “Whole Life Times“, l’eliminazione dei rifiuti tossici di classe I costa almeno 36 centesimi al litro, il che genera l’irresistibile impulso a liberarsene di nascosto ed illegalmente. Gettare tali materiali di scarto nell’acqua può, però, portare a multe e sanzioni penali, allora ecco la politica della “fluorizzazione” e, come per incanto, questo rifiuto si trasforma da costo in potenziale fonte di profitto e le imprese, invece di venire punite perché scaricano di nascosto nell’acqua rifiuti in quantità, sono premiate perché li gettano in dosi ancora più massicce, facendone una questione politica.
Nell’Aprile 2001, negli Stati Uniti, si solleva l’indignazione generale contro l’Amministrazione Bush, quando questa decide di non inasprire i valori limite di arsenico nell’acqua che restano comunque di venti volte inferiori al limite massimo stabilito per il fluoro [2]. I “teorici del complotto” più maliziosi, hanno fatto notare come il ministro del Tesoro, Paul O’Neill ed il suo vice, Kenneth Dam, siano, rispettivamente, ex CEO ed ex Membro del Consiglio Direttivo della “Alcoa” [4]. O’Neill, in un’intervista rilasciata al prestigioso “Financial Times“, ha dichiarato che le multinazionali non dovrebbero pagare le tasse [5].
Probabili patologie legate all’assunzione di eccessive dosi di fluoro:
Fluorosi ossea, osteoporosi ed artrite;
Disfunzioni della tiroide;
Danni ai reni;
Effetti negativi sulle funzioni cerebrali;
Cancro.
In Italia, la rete idrica è costituita, in gran parte, di tubi in ferro zincato con un indice di dispersione superiore al 40 percento e, di conseguenza, non sono in grado di reggere all’azione aggressiva del fluoro, motivo per il quale la “fluorizzazione” delle nostre acque è praticamente impossibile.
Non c’è motivo, però, per rallegrarsi, perché il fluoro è sostituito egregiamente da altri scarti egualmente nocivi, tossici e potenzialmente cancerogeni, primo fra tutti l’arsenico.
Note e fonti:
[1] Riconoscimento attribuito dall’omonima associazione che ha sede presso la Somoma State University, in California e che mira ad educare sul ruolo del giornalismo indipendente portando all’attenzione pubblica notizie e casi non trattati dai media. Vedi in italiano “Censura”, Nuovi Mondi Media, Ozzano dell’Emilia (BO), 2003
[2] “Tutto quello che sai é falso 2 – Secondo manuale dei segreti e delle bugie”, “La frode del fluoro”, di Robert Sterling, 318-329
[3] “Perché la gente crede quasi a tutto (prima parte)”, di Tim O’Shea, tratto da www.newmediaexplorer.org
[4] “Tutto quello che sai é falso – Manuale dei segreti e delle bugie”, “Gli Stati Uniti: una Nazione governata da multinazionali e multimilionari”, di Russ Kick, 111
[5] Intervista di Amity Shlaes. Financial Times 19 Maggio 2001. Citazione dell’articolo “MediaBeat” di Norman Solomon, Newsday (New York) e In These Times
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